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Cosa ne penso di Vox e di altre analoghe iniziative in corso che si propongono di creare nuovi partiti

(Risposta a Maria Stefanelli, Silvia Di ioria e parecchi altri)

Ciao Giulietto, vorrei sapere cosa pensi di VOX Italia. Sta riciclando personaggi di piccolo calibro appartenuti ad altre fazioni politiche. Il pensiero di Fusaro è condivisibile, ma non so. Tu che consigli? Grazie Maria, “Il mulo” ricordi? Quel mulo che prima si deve evolvere e poi, poi forse può fare la mossa del cavallo ; detto tra noi, la vedo molto dura…

Care Maria, Silvia, e i molti che mi hanno posto la stessa domanda. Diego Fusaro dice molte cose condivisibili. È il portatore/creatore di una critica marxista del…. marxismo: di quello che si è inverato nel XX secolo ed è stato sconfitto. Anche Liberare l’Italia, in alcuni dei suoi promotori e creatori, primo tra tutti Mauro Scardovelli, dice cose per molti aspetti giuste e condivisibili. Sono in corso altri tentativi analoghi, di un sovranismo di sinistra, variamente impegnati a fare “qualche cosa”. Tutti sono mossi, anche se non hanno bene messo a fuoco il problema, dalla speranza di raccogliere larghi consensi dal cumulo di macerie che emerge velocemente dal disastro del Movimento 5 Stelle. Il che è un dato reale. Cinque o sei milioni di elettori sono ormai senza un punto di riferimento politico qualsiasi. La delusione e la rabbia, tra coloro che avevano creduto e si erano illusi è enorme. Ad essa si aggiunge il non piccolo codazzo degli sciocchi che aspettavano il loro turno di possibili miracolati, per accedere ai privilegi e allo status al quale sembrava a tutti di poter giungere con una manciata di amici, e che ora capiscono che è inutile restare in coaa a quello sportello, visto che lo sportello è stato chiuso irrevocabilmente. 

Il problema è che né Fusaro, né Scardovelli sono dei pagliacci e quel pubblico, che ha superato per un attimo addirittura il 32% dell’elettorato, era possibile riunirlo solo perché c’era un pagliaccio sul palcoscenico, accompagnato da un giovanotto che aveva letto, sì e no, Isaac Asimov, Aldous Huxley e molti articoli che esaltavano Steve Jobs. 

Quel pubblico non è raccoglibile con il messaggio della ragione, della logica. È il pubblico di un’arena, che attende lo spettacolo per divertirsi e consolarsi. Il pubblico giusto per la “società dello spettacolo” di cui parlava Guy Debord, altro marxista messo all’indice dai marxisti. Esso rappresenta un pezzo, e nemmeno il più profondo, della voragine in cui si trova la cosiddetta “opinione pubblica” dell’Italia. È il pubblico che, per primo, osò descrivere e prevedere Pier Paolo Pasolini. Un pubblico ormai composto di folle solitarie, che sono state in gran parte già imbambolate dalla pubblicità che il sistema ha fatto di se stesso; che confondono i desideri con i diritti; che non conoscono cosa è realmente in Potere. E infatti pensavano che, una volta giunti nella stanza dei bottoni (che non sapevano e non sanno dove si trova), avrebbero “fatto le leggi”. Senza rendersi conto che le leggi del Sistema sono già state fatte nelle vere stanze dei bottoni, nelle quali non sono mai arrivati. Un pubblico diseducato e incolto (non per colpa sua, ma perché da quarant’anni non c’è stato più nessun maestro a educarlo). Un pubblico a cui è stato fatto credere, da un pagliaccio, che il “vaffa” era l’alternativa al Sistema, mentre il pagliaccio negoziava con il Sistema, alle sue spalle (del popolo) i limiti entro i quali avrebbe accettato di  muoversi. Un pubblico, per giunta, moralmente corrotto da un Potere che si era dato per obiettivo proprio quello di corromperlo. 

Ecco perché l’impresa di costruire, ora, in breve tempo, un partito politico di opposizione reale al Sistema, è impresa non realizzabile. Non c’è una scorciatoia, né la si può inventare in fretta. Per individuare un percorso bisogna far tornare una parte importante delle classi dirigenti del paese al coraggio dei padri costituenti, che ebbero in mente, mentre scrivevano la Costituzione del 1948, il faro di una “riforma intellettuale e morale del paese” come quella indicata da Antonio Gramsci. 

Per operare una tale svolta occorre un gruppo dirigente che sappia cosa significa organizzare le masse. Ma un tale gruppo non c’è. Occorrono uomini competenti,  puliti, cioè non sporcati dalla politica di questi anni, e coraggiosi. E invece abbiamo a disposizione molti quaqquaraqquà, che sono il prodotto di un popolo disgregato e senza veri principi morali, e che parlano un linguaggio che le masse popolari non possono più capire essendo state educate dal cellulare che hanno in tasca. 

Ma tutto questo, fin qui delineato, non è ancora il centro del problema. Che è la mancanza di una visione comune (non dico a tutti, ma almeno a un nucleo intellettuale abbastanza forte da mettersi al comando di una qualche riscossa) della crisi mondiale che si avvicina a passi rapidissimi. Se non si sarà capaci di costruire insieme, con pazienza e con umiltà, questa teoria nuova della società di transizione in cui stiamo entrando, non si potrà trovare la massa critica, la forza, il coraggio per fronteggiare l’immenso Leviatano che ci si para dinnanzi. E tutti noi siamo ancora alle prese con un vocabolario che è fatto di pagine di carta, mentre il Leviatano ne ha già scritto un altro, con altri significati, fatto di bit e di metadata, con il quale comunica e domina i miliardi di ominidi che “serve” e dei quali si serve. 

Ecco perché io non partecipo a questi tentativi: perché li ritengo inani. Perché non hanno una chiara visione dei rapporti di forza in cui avverrà lo scontro. Perché non vedono la guerra che incombe (infatti non ne vedo uno che abbia il coraggio di dire la verità alle masse che vorrebbe conquistare). Come diceva il saggio latino, li guardo “sine ira et studio”. Sono, in genere, persone che stimo e considero compagni di strada, e dunque non potrei essere loro ostile, ma io credo che la direzione da prendere non è quella. Le scorciatoie non portano da nessuna parte.

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